E01. “The New Normal”, la nuova normalità
La pandemia ha cambiato la nostra percezione della casa: prima rifugio, poi prigione; fortezza e caverna. Un luogo in cui abbiamo dovuto sperimentare nuove forme di sopravvivenza e di convivenza, di creatività e capacità di adattamento. Ecco perché, dopo esserci chiesti nelle prime due stagione di Domani se dopo lockdown e zone rosse saremmo diventati migliori o peggiori, in questa serie che è la sua naturale prosecuzione abbiamo nuove domande da porre: come vivremo e dove abiteremo? In quali città e in quale rapporto con gli altri e con la natura? Come e dove lavoreremo? Saremo davvero più attenti alla sostenibilità?
Le prime risposte arrivano da Gary Chang, architetto e designer di Hong Kong, famoso per il suo micro appartamento, diventato un modello di riferimento globale anche per il futuro: una casa di 32 mq, completa di tutto.
Poi da Cristina Bowerman, chef stellata che ha seguito la nascita di nuove abitudini nei consumi avviando due linee di delivery.
Infine da Emanuele Coccia, filosofo che ora insegna ad Harvard, autore del saggio Filosofia della casa (Einaudi). «Oggi la casa», dice Coccia, «è sempre meno iscritta in uno spazio territoriale, metrico e geografico, ma sempre più in uno spazio psichico».
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Ecco la trascrizione integrale del primo episodio.
[DIALOGO INIZIALE]
Carlo: Good afternoon, mister Chang.
Gary: Hi, Carlo. How are you?
Carlo: I’m fine. Thanks for your time.
Gary: My pleasure…
CARLO ANNESE
Gary Chang è collegato da Hong Kong. Fa l’architetto e il designer, ed è famoso per il suo micro appartamento, che è diventato un modello di riferimento globale: una casa di 32 mq, completa di tutto. L’ha organizzata secondo i principi del design retrattile, cioè con pareti che scorrono lungo binari applicati al soffitto e creano spazi provvisori, a seconda dei bisogni. Niente di monastico! Anzi, c’è più dell’essenziale: in quella casa, Gary (che tra poco sentirete doppiato da Alberto Onofrietti) cucina per sé e per gli amici, guarda i film su un maxischermo, usa la cabina doccia anche per telefonare, e nei mesi scorsi ha attrezzato pure una piccola palestra.
[GARY CHANG]
Non sono l’unico. La chiusura delle palestre per il Covid ha convinto la gente al fai da te dentro casa: i pesi sono andati esauriti quasi subito e ordinare una fascia cardio è ancora un’impresa impossibile. Ma basta un materassino per lo yoga e lo stretching per iniziare ad allenarsi in privato, anche se vivi in meno di 40 metri quadrati.
CARLO ANNESE
La pandemia ha cambiato la nostra percezione della casa: prima rifugio, poi prigione; fortezza e caverna. Un luogo in cui abbiamo dovuto sperimentare nuove forme di sopravvivenza e di convivenza, di creatività e capacità di adattamento. Ecco perché, dopo essermi chiesto, nelle prime due stagioni di Domani, se dopo lockdown e zone rosse saremmo diventati migliori o peggiori, in questa serie che è la sua naturale prosecuzione ho domande nuove, da porre e da pormi: come vivremo e dove vivremo? In quali città, e in quale rapporto con gli altri e con la natura? Come e dove lavoreremo? Come ci muoveremo? Saremo davvero più attenti alla sostenibilità, all’ambiente e ai bisogni di chi vive nella casa accanto?
Per rispondere, questa volta, insieme a me ci sarà Luca Molinari, architetto, critico, professore ordinario di Teoria e Progettazione architettonica all’Università della Campania e direttore dell’M9 di Mestre, il primo museo multimediale sulla storia materiale del ‘900 in Italia. E soprattutto autore di un libro di successo – Le case che siamo, edito da Nottetempo – a cui Luca ha aggiunto, in pieno lockdown, un capitolo intitolato “Le case che saremo”.
LUCA MOLINARI
Sì, perché in quei mesi la casa ha acquisito un valore eccezionale nelle nostre vite, direi paradossale e inusuale. Non c’è stato angolo della casa che non sia stato raccontato, indagato, illustrato da milioni di narratori inconsapevoli, costantemente connessi.
Quante case scritte e descritte, anche se la maggior parte delle volte sembravano più proiezioni di quei luoghi esterni che ci mancavano sempre di più.
La casa è diventata un micro-mondo in cui siamo stati obbligati a stare e di cui ci siamo presi cura come mai era accaduto, utilizzando balconi prima abbandonati, razionalizzando ambienti e risorse, imparando a misurare gli spazi di convivenza in più persone, facendo pulizie con l’ossessione tipica dei reclusi, scoprendo dettagli e potenzialità dei luoghi minimi che non riuscivamo a vedere. La relazione con questi spazi compressi è diventata quasi ipnotica. La casa è diventata un labirinto della mente, che prima era quasi totalmente assorbita dalla vita urbana.
CARLO ANNESE
Nei dieci episodi di questo podcast parleremo, quindi, di interni e di esterni; di città e periferie; di lavoro, housing sociale e territori intermedi; di South working e grandi dimissioni, per soddisfare quella che è un po’ la mia ossessione: raccontare chi siamo e cosa siamo diventati; descrivere da vicino pezzi di Italia che quasi nessuno esplora più. Pur sapendo di tralasciare tante cose, proveremo a tenere insieme urbanistica e filosofia, design e psicologia, mercato immobiliare e modelli digitali, per cercare di capire, almeno in parte, come sarà la nostra nuova normalità. Dopo.
Io sono Carlo Annese…
LUCA MOLINARI
E io sono Luca Molinari…
CARLO ANNESE
… E questo è Le case di domani, una serie di podcast in dieci episodi prodotta da Piano P con il sostegno di Gibus – Soluzioni per vivere il sole tutto l’anno.
[SIGLA INTRO]
[CHANG]
Cominciamo col dire che qualunque filosofia non va considerata come una verità statica, ma come una teoria da reinterpretare nel tempo. Il new normal è sicuramente una nuova era, e stiamo imparando a riconsiderare cos’è importante per noi. Prima, ad esempio, la misura di un televisore determinava la grandezza di un salotto, adesso guardiamo le serie in streaming sull’iPad o sullo smartphone. La tv è rimpicciolita e potrebbe anche svanire, e quello spazio rimane libero per le relazioni tra esseri umani.
CARLO ANNESE
Ora, non sono sicuro che il new normal, la nuova normalità, siano necessariamente i 32 metri quadri di Gary Chang a Hong Kong. Quel che è certo, però, è che uno shock come la pandemia può spingerci a trovare modi nuovi e migliori di vivere le nostre vite, individualmente e a livello collettivo; a provare nuove idee, a sviluppare nuove tecniche su cui investire. «La resilienza è importante, ma non basta», ha scritto l’economista Tim Harford sul Financial Times a settembre 2021. «C’è bisogno di essere capaci di esplorare, sperimentare e adattarsi».
LUCA MOLINARI
Sulla casa, però, la pandemia ha avuto l’effetto opposto: molti degli scenari ipotizzati su come avremmo abitato in futuro potrebbero essere azzerati, o almeno mutati, rispetto a una percezione che avevamo del mondo e dei suoi possibili cambiamenti. Negli ultimi anni prima del Covid si profetizzavano mutazioni che avrebbero quasi cancellato la casa per come noi la conosciamo: dalla repentina scomparsa delle cucine all’inaugurazione di una visione sempre più nomadica dell’abitare. La separazione tra casa/monade, autonoma e chiusa, opposta a una metropoli apparentemente infinita e senza margini sembrava si stesse sfibrando, portando i due mondi a fondersi progressivamente. Molti luoghi pubblici cercavano sempre più di apparire domestici, caldi, accoglienti, erodendo i confini delle abitazioni. Ecco, tutte queste profezie potrebbero subire cambiamenti radicali sotto la spinta di una condizione mai sperimentata prima nella storia dell’umanità.
CARLO ANNESE
Quindi, se ho capito bene, la necessità di proteggerci dal virus e di non diffonderlo ci ha obbligato a rinchiuderci dentro un modello che si pensava fosse ormai superato. Un modello di casa borghese ottocentesca e di privacy che era stato affinato nel tempo e aveva portato – tu scrivi nel tuo libro – a una soluzione perfetta e paradossale insieme: una sorta di ideale cellula monastica per famiglia, elaborata per primo da Le Corbusier, il genio iniziatore della nostra contemporaneità residenziale.
LUCA MOLINARI
Proprio così. Quella cella monastica – un meccanismo elementare di un sistema funzionale in cui pregare e lavorare sono parti organiche del tutto – è alla base di un’idea di casa nella quale ogni funzione fondamentale, come alimentarsi-dormire-riprodursi, sono dentelli essenziali per l’auto-generazione della società moderna. La casa non è spazio di libertà, ma luogo funzionale a un sistema in cui molte delle apparenti fughe sono demandate a quel mondo di oggetti che compriamo, di cui ci circondiamo e che dovrebbero aiutare a definire la nostra identità. Lungo il ‘900 l’architettura moderna ha fatto lo sforzo titanico di progettare le case per milioni di persone, una sfida mai avvenuta nella storia dell’uomo, ma il sistema produttivo e la visione ideologica che hanno nutrito questo tentativo ha portato alla creazione di milioni di cellule monastiche perfettamente ideate e combinate, ma separate dalla città a cui appartenevano. Ogni funzione nutriva uno spazio. Ogni spazio era separato dagli altri. Il risultato era una città per parti progressivamente invivibile, perché la vita è fluida e impone cambiamenti impensabili per uno schema urbano globale così rigido.
CARLO ANNESE
Ora, però, con la pandemia sono emersi i limiti di questo modello e di tutto ciò che lo circonda – le città, le infrastrutture fisiche e digitali. A partire proprio dalle case, che si sono rivelate insufficienti a dare risposte a necessità molto diverse da quelle per cui erano state pensate inizialmente; dove è stato spesso impossibile trovare una stanza tutta per sé, uno spazio davvero privato in cui coltivare il proprio talento, come scriveva Virginia Woolf. Non abbiamo dovuto trasformarle solo in quinte teatrali per videochiamate o in palestre attrezzate – come raccontava Gary Chang –, ma perfino in ristoranti stellati, dopo averle adibite a panifici e pasticcerie nel primo lockdown.
[CRISTINA BOWERMAN]
Io ho iniziato il delivery di Glass molto più tardi rispetto al momento in cui il governo ci ha concesso di farlo.
CARLO ANNESE
Lei è Cristina Bowerman, chef di Glass Hostaria, una stella Michelin a Roma e un ciuffo di capelli rosa per cui la chiamano Bowie, come il celebre cantante. E Bowie è il nome che Cristina ha dato al suo secondo servizio di delivery, quello più pop e più abbordabile.
[BOWERMAN]
Io ho cercato di sopperire alla parte sala, quindi all’accoglienza in ristorante, con altro. Quindi, per, esempio, il fatto stesso che arrivino a casa sei buste, tutte ovviamente ecosostenibili ma con le istruzioni per ognuno di questi piatti, tutto viene confezionato in maniera singola con le istruzioni per ogni piatto, la sequenza, il menu, i fiori, la colazione del giorno dopo, il regalo, in maniera tale che a ogni passo della cena ci sia qualcosa che faccia ricordare di Glass. Il fatto che arrivi a casa con il taxi, per esempio, il fatto stesso che uno abbia i fiori da mettere sul tavolo o comunque da tenersi anche nei giorni successivi in maniera tale da ricordare quell’esperienza: io ho pensato che quello potesse aiutare.
CARLO ANNESE
Nel 2021, negli Stati Uniti, le entrate di Uber per le consegne a domicilio hanno superato quelle del servizio di trasporto con auto private. E anche in Italia – dove negli ultimi anni i cuochi avevano sostituito le archistar nel ruolo di interpreti del costume – le strade deserte sono state riempite dai rider. Perché, dice Cristina Bowerman, la condizione di emergenza costante che ci ha tenuti in casa anche lo scorso inverno, ed è probabile che si riproponga tra qualche mese…
[BOWERMAN]
… paradossalmente sta avendo questo effetto, cioè la gente cucina meno a casa perché si è ritrovata praticamente ad aver cucinato talmente tanto durante il lockdown che oggi come oggi dice: “Va’, forse quasi quasi prendo il delivery”.
CARLO ANNESE
Sono nati, insomma, e si sono consolidati nuovi stili di vita, nuove abitudini, che inevitabilmente hanno avuto la casa come centro di gravità.
LUCA MOLINARI
Nel periodo in cui abbiamo vissuto il trauma della separazione obbligata ci siamo ritrovati rinchiusi in una forma di isolamento residenziale che pareva non conoscere possibili alternative se non quella di una separazione ancora più radicale tra casa e città, in nome dell’isolamento volontario e della salute pubblica. Ma è quello che vogliamo e che potrebbe diventare il prossimo modello per le nostre città?
[EMANUELE COCCIA]
La casa oggi è uno spazio (…) sempre meno (…) iscritto in uno spazio territoriale, sempre meno iscritto in uno spazio metrico e geografico, e sempre più psichico.
CARLO ANNESE
Questo è il filosofo Emanuele Coccia, autore di un libro illuminante, appunto, sulla filosofia della casa, pubblicato da Einaudi ad aprile del 2021. Coccia parla da Boston, dove è visiting professor al Dipartimento di Romance Languages and Literature dell’Università di Harvard.
[COCCIA]
Per ricostruire la casa bisognerà innanzitutto capire e immaginare quali sono le nuove forme di convivenza: con chi vogliamo condividere lo spazio di intimità, tutti i giorni e tutto il tempo. Proprio per questo sono i social media che devono diventare la base e quindi trasformare quello che per ora è un canale immateriale e, in fondo, estremamente stretto di condivisione di vita, di parola, di immagini, di esperienza, in uno spazio vero e proprio
LUCA MOLINARI
Le case di domani, dice Emanuele Coccia, saranno sempre più ibride e definite dalle nostre app, estensioni digitali dello spazio domestico che ci siamo costruiti negli anni.
[COCCIA]
Le case si disegneranno sempre di più a partire da questo nuovo modulor, che sono gli spazi sociali digitali. E ridisegnando anche, forse, le regole della convivenza a partire da questa socialità non minerale o che si è costituita fuori dallo spazio domestico tradizionale, minerale, fatto di pietra. L’architettura del futuro dovrà trasformare Whatsapp in un grande condominio. Questo libererà le forme e le immaginazioni di convivenza tra persone, soprattutto moltiplicherà il numero di persone che hanno bisogno o voglia di abitare assieme. E in questo mi sembra di percepire un fattore di riduzione della violenza, perché quando si è in tre o in quattro è ovvio che le forme di violenza estrema sono più difficili in qualche modo.
CARLO ANNESE
Su questo aspetto della violenza, Coccia insiste molto. Anche perché attribuisce proprio al suo campo, la filosofia, la responsabilità di non essersi occupata a sufficienza delle dinamiche dell’abitare.
[COCCIA]
Le conseguenze di questa negligenza sono state enormi: innanzitutto il fatto che la casa è diventata uno strumento, per esempio, di dominazione di genere poco interrogato e di cui ci siamo accorti solo quando – a partire dagli Anni 60-70 – il femminismo ha rivendicato la necessità di tornare a pensare lo spazio domestico.
CARLO ANNESE
I dati più recenti, presentati dall’Istat alla Commissione Lavoro della Camera l’8 febbraio 2022, sono purtroppo molto chiari in questo senso.
Il 77.6% dei femminicidi del 2020 si è verificato in ambito domestico.
Tra marzo e aprile dello stesso anno – quindi durante il primo lockdown – le donne vittime di partner o parenti sono state l’88%.
A novembre, con l’acuirsi della pandemia, le donne sono state uccise solo in ambito familiare: da parenti il 40% e da partner il 60%.
Le violenze segnalate al 1522 (il numero anti violenza e stalking) sono soprattutto opera di partner (per il 57.6%) ed ex partner (il 15.3%), ma è in crescita il numero di quelle da parte di altri familiari, che nel 2020 hanno raggiunto il 18.9%, contro il 12.6% dell’anno prima. La casa, insomma, non è un ambiente sicuro per le donne.
[COCCIA]
E poi lo spazio domestico è uno degli strumenti di divisione anche di classe più importante, è la ragione per cui esistono ancora grandi disparità economiche nella piccola, media e alta borghesia. E quindi uno dei compiti della riflessione ma anche della pratica architettonica del futuro sarà quella di farne non più un luogo di divisione tra i generi o di dominazione tra i generi e le classi, ma un luogo di mescolanza e anche di liberazione, però non più individuale o familiare ma collettiva.
CARLO ANNESE
Un primo effetto è che molti italiani hanno iniziato a riconsiderare le proprie priorità: dal piccolo appartamento nel centro di una grande città, tantissimi si sono spostati verso località minori, dove hanno potuto comprare immobili di ampia metratura (e questo sarà l’argomento del terzo episodio) a un prezzo accessibile. Nei due anni di Covid, per darvi un’idea, Milano ha perso 18mila residenti, in buona parte per la possibilità di lavorare a distanza o perché il lavoro non c’era più. Parallelamente, nei Comuni non capoluogo le compravendite di case sono cresciute del 31,6%, in un mercato immobiliare che è tornato ai livelli pre pandemia. Anzi, anche meglio: nei primi nove mesi del 2021, secondo l’Ufficio Studi di Tecnocasa, le compravendite sono state il 23% in più rispetto al 2019. E questo riguarda tutta la Penisola.
[CHANG]
Non si tratta più di decidere se lavorare in ufficio o a casa. La questione cruciale è un’altra.
CARLO ANNESE
Questo è di nuovo l’architetto Gary Chang, che sta lavorando a un progetto di case ibride, a metà tra appartamenti e luoghi di lavoro appunto, a Bangalore, in India.
[CHANG]
Stiamo tutti esplorando un’idea di tempo flessibile, correlato a uno spazio altrettanto flessibile. Abbiamo sperimentato che si può lavorare ovunque, anche nei bar. Ci siamo allontanati da una concezione di luogo definito in modo rigido, destinato a uno scopo preciso: possiamo fare cose molto diverse in tanti luoghi, perché siamo gli unici ad avere il controllo finale della nostra vita.
CARLO ANNESE
Prendete nota di queste due parole: flessibilità e fluidità. Sono i cardini del new normal, a Bangalore come a Palermo. Una nuova normalità che passa dal design di interni modulari, realizzati in materiali rinnovabili e che, magari, in un domani non lontano, si potranno noleggiare con abbonamenti simili a quelli che facciamo per guardare Netflix. Ma, soprattutto, una nuova normalità che passa dalle scelte di vita dei singoli. Il 36% degli intervistati per un report mondiale di Ikea dice, ad esempio, di essersi reso conto dell’importanza di uno spazio esterno, anche semplicemente di un balcone. La maggior parte di un campione rappresentativo di 26 milioni di italiani che invece ha risposto al Rapporto Coop 2021 su come immagina il futuro post-Covid dice che nei prossimi 3-5 anni cambierà il proprio sistema di valori: prima di tutto vorrà occuparsi della propria salute, poi essere più in equilibrio con se stessa e dedicarsi ai propri affetti.
LUCA MOLINARI
Non a caso, il curatore della Biennale Architettura 2021, il libanese Hashim Sarkis, ha deciso di intitolare la mostra principale a Venezia How will we live together? – Come vivremo insieme, dopo tutto questo?
[CHANG]
Fino a due anni fa si era tutti concentrati sulla privacy, anche all’interno della famiglia: ciascuno doveva avere la propria stanza per fare ciò che voleva. Di rado si cenava assieme, anche se un grande tavolo era pronto ad accoglierci. Quello che è successo ha trasformato la relazione con i parenti, il tempo in comune e l’attenzione che dedichiamo a rendere sicuri gli ambienti.
CARLO ANNESE
È quello che ci racconterà nel prossimo episodio una rapper giovanissima ma già molto affermata. Si chiama Big Mama e ha una storia particolare sul rapporto tra il corpo e la casa, e sul modo in cui è riuscita personalmente a superare, in pieno lockdown, un momento di estrema difficoltà. Perché anche una grande emergenza può diventare un’opportunità.
A presto.
[SIGLA FINALE]